IL RUMORE DEI PASSI: Migrazioni e dintorni (10 installazioni)

Video di presentazione della Mostra

Il rumore dei passi non è una mostra, è un progetto di comunicazione sul fenomeno migratorio, un percorso in cui ascoltare non solo i nostri passi ma quelli di chi percorre migliaia di chilometri in viaggio.

Essere ricchi, eppure tanto poveri: è la foto dell’Africa.

L’estrazione di minerali, petrolio e gas, le coltivazioni per produrre biogas e piantagioni coloniali come tè, caffè e cotone, la pesca, il legname… queste sono alcune delle risorse che in modo incontrollato sono state depredate in Africa.
 
Nonostante gli Stati africani un tempo sotto la giurisdizione straniera abbiano ottenuto l’indipendenza, molte Nazioni occidentali hanno comunque mantenuto una forma di colonialismo per garantirsi le risorse a prezzi contenuti.
 
Quest’Africa sopravvive e l’emigrazione sembra l’unica soluzione per molti. Alcune ricerche hanno concluso che i Paesi più ricchi di risorse crescono molto più lentamente rispetto agli altri.
Quella della ricchezza di risorse diventa così quasi una condanna per i popoli poveri che vi abitano.
 
Le cause dello stato delle cose sono molteplici e l’esigenza di un nuovo ordine mondiale è quanto mai urgente.
Come Papa Francesco afferma nella sua enciclica Laudato si’, c’è bisogno di una gestione imprenditoriale etica e di una ridefinizione della responsabilità sociale delle imprese.
 
Le ferite inflitte all’Africa sono il risultato dello sfruttamento delle risorse, da cui derivano tensioni sociali che sembrano avere le migrazioni forzate come epilogo più probabile.
Esempio ne è la regione del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo, dove oro, “terre rare”, minerali, diamanti, legname e avorio vengono esportati dalle zone di conflitto illegalmente ogni anno per un valore di 1 miliardo e 200 mila $, sotto il controllo di gruppi militari organizzati che così si mantengono. Le imprese transnazionali fomentano gli scontri tra questi gruppi armati con il chiaro progetto di mantenere l’instabilità per concludere affari migliori.
 
Attorno all’estrazione di coltan ruotano gravi disastri ambientali e umani: questo materiale è indispensabile per l’industria elettronica e le colline di questa zona sono diventate miniere a cielo aperto dove lavorano uomini, donne e bambini in condizioni disumane. Grazie alle proteste della società civile alcune aziende acquistano solo materia prima che abbia un minimo di certificazione ambientale e di rispetto per la dignità umana di chi ci lavora.
 
Oggi gli apparecchi elettronici sono ormai nelle mani di tutti e comprandoli è come se noi finanziassimo lo sfruttamento e l’ingiustizia celati dietro la produzione.
È una considerazione forte, ma vuol essere soprattutto una provocazione per generare delle riflessioni.
La richiesta di manodopera è sempre maggiore: i contadini abbandonano le coltivazioni e si spostano per lavorare nei villaggi fatiscenti vicino ai giacimenti, dove non c’è istruzione e nemmeno acqua pulita, con l’immaginabile conseguente proliferazione di malattie.
 
Tutto ciò non viene menzionato dal sistema dell’informazione, nemmeno da quella internazionale nella sezione definita “silenzio dei crimini dimenticati”.
Si vive in un paradosso in cui gli stessi minatori comunicano con lo smartphone che è la causa dei loro problemi, in un’ottica di consumismo perverso.
La società civile è riuscita a mobilitare le masse suggerendo soluzioni migliorative, ma non risolutive.
Le soluzioni più concrete sarebbero di far seguire alle denunce e alle chiare informazioni, l’adozione di comportamenti più etici da parte di tutti.

– In Africa morire di fame non è soltanto un modo di dire. Nel 2017 il 20% della popolazione africana, ovvero 257 milioni di persone, era denutrita, e negli ultimi anni il dato è in peggioramento. La fame in africa si intreccia con il concetto di povertà, la mancanza di risorse per una vita dignitosa.
– In molti paesi africani il numero di figli per donna si aggira intorno ai 4/5, ciò comporta un raddoppio della popolazione circa ogni 25 anni, se il forte tasso di natalità rimanesse costante nel 2100 metà della popolazione mondiale sarebbe africana. Questa crescita della popolazione rende materialmente impossibile far uscire la popolazione dalla povertà e dalla fame.
– Le carestie in africa sono molto presenti, sono causate anche dalla composizione dei suoli che sono poco adatti alla crescita di vegetazione. A questo va aggiunto il basso sviluppo del settore agricolo caratterizzato da tecniche di agricoltura ancora arcaiche. Gran parte delle infrastrutture inoltre sono state costruite in epoca coloniale con obbiettivi totalmente indipendenti dallo sviluppo del paese.
– Povertà e fame sono dirette conseguenze dei molti conflitti interni ancora presenti nei territori africani. I conflitti hanno effetto paralizzante sull’economia dei paesi coinvolti, il cibo diventa un’arma, spesso i militari distruggono le riserve di cibo nemiche, i campi coltivabili vengono cosparsi di mine e le sorgenti d’acqua vengono inquinate.
– Crescita della popolazione, calamità naturali, conflitti armati… queste sono solo alcune delle cause del fenomeno di cui stiamo parlando… La morte di fame in africa è vera.


Questa serie di installazioni che andrete a vedere è un percorso di conoscenza e riflessione intorno ad un fenomeno considerato da molti (troppi) una disgrazia.
Lo sapevate che esistono africani che vivono e lavorano in Africa? Dalle varie narrazioni sulle invasioni, sembrerebbe di no.
L’africa non è un continente in fuga ma un continente che soffre di vari problemi strutturali le cui cause sono tante e diverse.
Il rumore dei passi vi invita in un percorso che parte dall’esistente e legge i rumori di tanta sulla quale tutti noi dobbiamo riflettere

Introduzione della mostra
Fame d’Africa

Il rumore dei passi è una comunicazione visiva sui fenomeni migratori. Si tratta di installazioni che percorrono la storia del fenomeno, dalle sue genesi agli eventi spesso drammatici che intervengono durante gli spostamenti.

Ogni sezione inizia una plancia informativa, ovvero una sagoma nera in forma umana che riporta i concetti base della comunicazione.

The ABCs of the structural problems of the continent
 
This installation is made of 6 turning panels representing the causes of human migrations. The sound of many footsteps, the sound of the demographic pressure, the war, the debt, the climate change, the lack of democracy, the corruption, the corporations, the exploitation of natural resources, and the land-grabbing. The sound of many footsteps, inside and outside Africa.

Donna con le braccia alzate

La sagoma all’entrata del percorso invita ad una prima riflessione. Volete sentire il rumore dei passi? Seguite le loro tracce. Tanti rumori, rumori di cause, rumori di effetti. Rumore di voi che entrate, per riflettere in libertà, oltre il proprio sistema identitario.

Quindici sagome bifacciali di abitanti del continente africa

Questa installazione sottintende un concetto: lo sapevate che esistono africani che vivono e lavorano in Africa, impiegati, contadini, operai, studenti, medici commercianti, panettieri? Dalle varie narrazioni sulle invasioni di migranti, africani e non, sembrerebbe di no. In sintesi. L’ Africa non è un continente in fuga, è un continente che soffre di vari problemi strutturali, le cui cause sono tante e diverse, quelle che portano a fenomeni migratori.

Prima identificazione tra visitatore e allestimento

Quindici plance di plexiglass specchiante pendono da un sistema di travi. Gli elementi proposti hanno due facciate, nella prima frontale (a specchio) si riportano le voci dell’antropologia, nella seconda le paure di molte persone che temono il crollo del sistema identitario. Le vignette di Biani provocano… Un confronto necessario tra “testa” e  “pancia” della gente, contro la disinformazione.

Il vocabolario dei gravi problemi strutturali del continente

L’installazione è fatta di sei strutture girevoli composte da fogli mobili che percorrono le cause delle migrazioni. Tanti rumori di passi, quelli della pressione demografica, della guerra, del debito, dei cambiamenti climatici , della mancanza  di democrazia, della corruzione del potere, delle multinazionali e dello sfruttamento  aggressivo delle risorse, del land- grabbing. Tanti rumori di passi, in Africa e fuori dall’Africa.

Grandi casse di legno e vari bidoni di benzina.

Perché tanta ricchezza di materie prime e tanta povertà nel continente Africa? Perché cresce la domanda di export, ma le ricchezze conseguenti non vengono distribuite se non in forma di briciole? Ci vuole un cambiamento, certo. Un cambiamento nell’ ordine delle cose, nel cielo sopra di noi, nel cielo sopra di loro, nel cielo sopra tutti.

Big wood boxes and many oil cans

Why is poverty so high in Africa despite de abundance of raw materials? Why does the increasing export demand not coincide with a fair distribution of wealth? This is Africa. We need a change, of course. A change of priorities, in the sky above us, in the sky above them, in the sky above us all.

Cento scatole metalliche

un complesso di elementi simbolici che riportano su ogni fronte uno di questi tre termini: mort / disparu / vivant, unitamente ad una fotografia di un migrante. Sulla sagoma informativa sempre presente una poesia di Erri De Luca: mare nostro che non sei nei cieli e abbracci i confini dell’isola e del mondo accogli le gremite imbarcazioni senza una strada sopra le tue onde…

One-hundred metal boxes.

Each of these symbolic elements shows three words (mort / disparu / vivant) accompanied by a picture of a migrant. On the information panel you can read a poem by Erri De Luca: “Our sea, which is not in heaven, that embraces the borders of the island and the world, accept these full boats with no path on your waves…”


Il grande “murales”

Una comunicazione proposta come un grande manifesto che riporta le paure dei nostri tempi, dalla pandemia alla possibile invasione di “stranieri”. Alcune vignette di Biani sono inserite nel mosaico e fanno da legante a tutta la comunicazione. Perché il mondo è per sua natura una sovrapposizione di specie, di stili, di storie. Di spostamenti, di mescolamenti di adattamenti.

The big wall painting

A poster whose purpose is to display the fears of our times, from the pandemic to the possible invasion of these “strangers”. Inside the wall painting, there are some political cartoons by Biani that are meant to help the visitor to establish a connection between quotes and images. The world is inherently an overlap of species, styles, and stories. A melting-pot, always moving forward and adapting.

 La guerra come tragedia di tutti

Non solo no alla guerra ma una decisa posizione per il disarmo totale.

The war is everyone’s tragedy

Say NO to war, but also take a stand against weaponry.

Sei specchi come riflessione personale su una frase di Ai Wei Wei.

Un sistema di sei specchi inseriti in una struttura metallica a forma di paravento riportano alcune parole per ogni specchio, suddivise da una frase originale di Ai WEI WEI, artista cinese. I confini non esistono, i confini non esistono nell’arte, i confini non esistono nella vita, i confini non esistono nella geografia, i confini esistono solo dentro di noi, nelle nostre menti e nelle nostre anime.

Six mirrors with a poem by Ai Wei Wei

Six mirrors were placed in metallic screens with the words by the Chinese artist Ai Wei Wei written on them. Borders don’t exist, borders don’t exist in art, borders don’t exist in life, borders don’t exist in geography, borders only exist in our minds and our hearts.”

Il viaggio

Un tunnel di 8 metri di lunghezza fatto di sagome in cui la forma umana è coperta da sabbia e da acqua, con un tappeto calpestabile in pvc fatto da duecento ritratti recuperati da passaporti di migranti e appositamente “sfuocati”. La sagoma informativa riporta il seguente testo: Agadez, Niger, porta del Sahara.3500 chilometri per arrivare in Libia. I passeur che guidano i pick – up prendono piste pericolose per evitare i controlli. Viaggiano anche di notte. I migranti pagano prima di salire. Prendere o lasciare. Qualcuno ha detto che i migranti sono gli eroi visibili del nostro secolo, quelli che mettono il mondo intero di fronte alle sue responsabilità.

The journey

An 8 meters-long tunnel with human silhouettes covered by water and sand, and a carpet you can walk on displaying 200 blurred pictures of immigrants taken from their passports. In the informative panel, you can read Agadez, Niger, the gateway of the Sahara Desert. 3500 kilometers to reach Libia. Passeurs drive their pickups through dangerous roads to avoid getting caught. They travel even at night. Migrants pay before getting in. Take it or leave it. Someone said that migrants are the visible heroes of our century, the ones who force the entire world to face their responsibilities.

Uscendo… Alcune sagome finali “vestite” in maniera opposta a quelle iniziali chiudono il percorso. Su superfici bianche sono riportate scritte rosse che propongono alcuni pensieri per il cambiamento.

All’interno di due grandi scatole sono posti ritagli (vignette) di Mauro Biani che trattano del fenomeno migratorio e della guerra e che i visitatori potranno prendere liberamente “pescando nel mucchio”.

Exit… Some silhouettes, wearing different clothes if compared to the previous ones, mark the end of this journey. On the white surfaces, red sentences offer some ideas to change our mindset.
Leaving the exhibition, you can find two big boxes containing leaflets with political cartoons about human migrations and war by Mauro Biani. Feel free to take them home with you.



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